Le case operaie nascono a partire dal 1934 per far fronte alla necessità di alloggi da destinare alla manodopera della zona industriale. Il Piano, coordinato dall’ing. Garbini, direttore dell’Istituto Case Popolari, prevede differenti tipologie: i volumi più grandi chiamati “Case intensive” sono disposti a pettine lungo la strada, mentre quelli più compatti, cosiddette “Case semi-intensive”, si affacciano parallelamente a Via Torino. Dopo la realizzazione di 5 lotti di edifici per un totale di 800 alloggi il programma edificatorio si blocca a causa della preoccupazione del regime fascista sugli effetti negativi di tali tipologie “urbane” optando per un tipo edilizio completamente diverso: la casa “Semirurale”. Le case operaie hanno un’altezza media di 5 piani ed una lunghezza di circa 80 metri, in pianta si configurano come una sequenza di blocchi con un corpo scala a servizio di 3 o 4 alloggi. La composizione delle facciate, in particolare degli edifici progettati da Pellizzari e Gubiani, riprende il linguaggio razionalista e presenta dei dettagli che rimandano alle sperimentazioni residenziali delle Siedlungen tedesche.